Il regime di Ceausescu nella Romania comunista

Numerose sono le ombre che aleggiano sulla caduta del leader comunista rumeno e sugli ultimi travagliati giorni di potere

Al termine del Secondo conflitto mondiale Usa ed Urss iniziarono a spartirsi le sfere di influenza nel continente europeo. La Germania, responsabile della guerra, venne tagliata in due e i Paesi dell’Est a orbitare nella sfera sovietica. Tra essi la Romania che, dopo un colpo di Stato che portò all’abdicazione del re Michele I, finì sotto un regime comunista.

L’avvento di Ceausescu

La neonata Repubblica popolare rumena, in linea con Mosca, iniziò a varare piani quinquennali e la collettivizzazione delle terre; in pratica a svoltare verso un’economia socialista. Il controllo della società venne affidato ad un Corpo di Polizia politica, la Securitate, fedele al partito unico. Nel 1965 salì al potere Nicolae Ceausescu. Il suo governo si caratterizzò per un certo grado di ambiguità: legato all’Unione sovietica ma aperto all’Occidente, in particolare alla Comunità europea, iniziò a intrattenere relazioni estere indipendenti da quelle del Cremlino, pur restando nel Patto di Varsavia. L’opposizione all’aggressione sovietica della Cecoslovacchia causò ulteriore attrito.

I riflessi non si fecero attendere: nel Partito comunista rumeno si formò un’ala filosovietica insofferente verso il governo di Ceausescu. Quest’ultimo, insieme alla moglie Elena Petrescu, aveva consolidato un regime personale grazie al culto della personalità – osteggiato da Mosca che si stava “democratizzando” – che durò fino al 1989, anno in cui gli eventi degenerarono.

La politica interna

Dopo la visita in Corea del Nord, Ceausescu avviò numerosi lavori di urbanizzazione. Tra essi la Casa del Popolo, una megastruttura che ospitò il Quartier generale del Partito comunista oggi sede del Parlamento. In virtù dei rapporti con l’Occidente, la Romania si vide elargire un prestito estero di 13 miliardi di dollari per far fronte alle spese. Ma per ripagare tale debito seguirono tagli di spesa e razionamento dei generi alimentari che causarono malessere tra la popolazione e l’irritazione di Mosca. Inoltre il prestito elargito aveva accentuato la frattura tra la Romania ed Urss; infatti si era rivelata una mossa strategica occidentale.

(Nicolae Ceausescu durante il discorso del dicembre dell’89 dalla Casa del Popolo. Fonte foto: Tv rumena)

L’inizio della fine

Nel dicembre del 1989 il clima era molto teso e sarebbe bastata una scintilla per causare una sollevazione. L’Urss si stava sgretolando e Gorbaciov era sempre più debole, le Repubbliche sollecitavano sempre più l’indipendenza.

Nella città di Timisoara un sacerdote ungherese si oppose allo sgombero ordinato dalla polizia, in quanto considerato un dissidente. Una folla si frappose ma gli agenti reagirono con la forza. Seguirono altre proteste, represse dalle autorità, mentre Ceausescu si trovava in Iran, per una visita. Rientrato il 20 dicembre, accusò anonime “forze straniere” di inneggiare le rivolte e tramare contro di lui mentre la tensione era sempre più acuta.

Così il Capo di Stato organizzò un discorso pubblico dalla Casa del Popolo che si tenne il giorno seguente al quale venne “invitata” la popolazione, ma la reazione di quest’ultima fu sconvolgente. Invece di applaudire e inneggiare, come si sarebbe attesi, alla vista di Ceausescu e di Elena i cittadini fischiarono. I due coniugi rimasero sconcertati e si rifugiarono all’interno dell’edificio. Le autorità, in strada con mezzi pesanti e carri armati, iniziarono a reprimere la folla sparando, in particolare la Securitate. L’esercito, anch’esso presente, invece solidarizzò con i manifestanti.

(La folla radunata in Piazza della Rivoluzione, Bucarest)

La spericolata fuga

In breve tempo la situazione degenerò. Nelle ore precedenti una notizia diffusa dai media esteri aveva sconvolto la popolazione: la scoperta di fosse comuni con miglia di cadaveri a Timisoara; in seguito si rivelatasi una montatura. Il popolo si era sollevato contro e il Paese piombato nell’anarchia.

Vista la ribellione Ceausescu e la moglie, dall’interno della Casa del Popolo, decisero di fuggire a bordo di un elicottero il giorno seguente. Il leader aveva assunto il controllo delle Forze armate dopo che il ministro della Difesa Vasile Milea era stato trovato misteriosamente morto.

Il velivolo si librò in volo mentre per le strade dilagava il caos: agenti della Securitate, rimasti leali al leader, e militari dell’esercito si combattevano. Quest’ultimi presero d’assalto anche il quartier generale della Polizia segreta. Invece la popolazione riuscì a rompere il cordone di sicurezza e ad assediare il Palazzo presidenziale. Il moto si estese in tutte le grandi città del Paese.

L’elicottero venne costretto dalle Forze armate ad atterrare in una campagna a causa della preclusione dello spazio aereo. I coniugi tentarono di proseguire la fuga a piedi, ma invano. In breve tempo vennero rintracciati ed arrestati dai soldati. Ne seguì un processo molto rapido (circa un’ora) all’interno di un’aula di una scuola che si concluse con la fucilazione immediata di entrambi.

(Foto degli scontri armati in città, Fonte: We)

Le tesi sul regime

Dopo la caduta di Ceausescu si sono diffuse due tesi opposte sulle dinamiche che interessarono gli ultimi giorni. La prima sostiene che il Paese fosse affamato, le Istituzioni corrotte e la dissidenza repressa con la forza. Una Romania povera ed autoritaria ed un popolo che aveva scelto di liberarsi da tale giogo in modo spontaneo. La seconda invece sostiene che dietro la deposizione si celasse la regia di Mosca, intenzionata – a seconda dei sostenitori – a farla pagare al dittatore per i suoi legami con l’Occidente o per via della sua ostilità nel democratizzare progressivamente il Paese così come stava avendo luogo nell’Urss grazie alle riforme di Gorbaciov. Il Cremlino avrebbe agito attraverso i membri filosovietici del Partito comunista rumeno, infiltrati ed ufficiali dell’esercito. Infine, vi è anche chi sostiene che dietro si celasse la regia degli Usa e che le politiche di Ceausescu non avessero flagellato la popolazione ma che, al contrario, avessero garantito benessere.

Le ombre

Non è chiaro chi avesse ucciso il ministro della Difesa e chi avesse diffuso la notizia di fosse comuni a Timisoara. Non è chiaro nemmeno se all’interno della Securitate vi fossero cospirazionisti, lo stesso dicasi dell’esercito. Dopo la condanna a morte di Ceausescu, a traghettare il Paese verso una progressiva democratizzazione ed economia di mercato fu la stessa ala filosovietica che per anni lo aveva osteggiato.

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